IL CONSIGLIO DI STATO ACCOGLIE IL RICORSO, ANNULLA LA SENTENZA DEL TAR E IL DECRETO DEL MINISTERO CHE AVEVA RICONOSCIUTO UNA SOLA ABILITAZIONE ALL’INSEGNAMENTO “E’POSSIBILE E NON DISCRIMINATORIO RICHIEDERE E OTTENERE IL RICONOSCIMENTO DI PIÙ CLASSI DI CONCORSO ABILITANTI SULLA BASE DELLO STESSO PERCORSO FORMATIVO ANCHE IN MANCANZA DI DENOMINAZIONE SPECIFICA NELLA ADEVERINTA”
Di grande interesse e unica nel suo genere, la sentenza del Consiglio di Stato sez.VII di oggi 9 luglio 2024 di accoglimento del appello, patrocinato dagli Avvocati Maurizio Danza e Pietro Valentini del Foro di Roma con cui la docente impugnava la sentenza di primo grado con cui il Tar del Lazio, Roma, Sezione Terza aveva respinto il suo ricorso per l’annullamento del diniego di riconoscimento della formazione conseguita all’estero, ai fini dell’abilitazione all’insegnamento per le classi di concorso A-27 (Matematica e Fisica nella scuola secondaria di II° grado) e A-28 (Matematica e Scienze nella scuola secondaria di primo grado),che aveva riconosciuto immediatamente all’istante la sola abilitazione all’insegnamento per la classe di concorso A-26 (Matematica), negandola per gli altri due codici (A-27 e A-28),negando le altre sulla base della circostanza che l’adeverinta finale non fosse corrispondente alla denominazione relativa alle altre classi di concorso.
Secondo la ricorrente la decisione era erronea anzitutto nella parte in cui aveva ritenuto che il Ministero abbia svolto correttamente l’istruttoria sull’istanza di riconoscimento, sia in quanto non sarebbe stato correttamente applicato l’art. 3 del Decreto Legislativo n. 206/2007 di recepimento della Direttiva 2005/36/CE, sia perché sarebbero stati travisati i fatti alla base dell’istruttoria medesima, tale per cui il primo giudice non si sarebbe nemmeno avveduto del possesso da parte della ricorrente medesima della laurea in “Matematica” c.d. vecchio ordinamento, conseguita in data 15 dicembre 1995 presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, quale idoneo titolo di accesso per le procedure di reclutamento del personale docente previsto dal diritto interno e abilitante all’insegnamento per tutte le classi di concorso richieste (A-26 Matematica; A-27 Matematica e Fisica; A-28 Matematica e Scienze) (primo motivo di appello).
Inoltre, la sentenza era erronea nella parte in cui si era affermato che il Ministero avesse effettuato la valutazione e comparazione in concreto tra il percorso professionalizzante seguito dalla ricorrente e quanto richiesto in Italia per l’ottenimento dell’abilitazione all’insegnamento sulle classi di concorso richieste (secondo motivo di appello).
Ad avviso dell’Avv. Maurizio Danza Prof. di Diritto dell’Istruzione e Ricerca scientifica ISFOA, la Settima sezione del Consiglio di Stato nell’accogliere l’appello fissa un nuovo principio giurisprudenziale in Italia con riferimento ai riconoscimento c.d.plurimi, avendo stabilito che non è discriminatorio, come sostenuto dal Ministero Istruzione e Merito richiedere e ottenere il riconoscimento di più classi di concorso abilitanti sulla base dello stesso percorso formativo e sia presentando una sola domanda o più domande, anche in mancanza di denominazione specifica nella adeverinta.
Questa la motivazione di accoglimento dell’appello :
Va infatti anzitutto accolto il terzo motivo di appello che censurava la sentenza nella parte in cui si era affermato che non sarebbe possibile richiedere e ottenere il riconoscimento, con la medesima o con plurime istanze, dell’abilitazione per più classi di concorso, in quanto ciò sarebbe discriminatorio nei confronti dei cittadini italiani che, svolgendo in Italia una sola formazione, potrebbero legittimamente aspirare al riconoscimento di un solo percorso abilitante.
All’opposto, appare proprio nei fatti comprovato che il Ministero possa decidere di effettuare il riconoscimento per più classi di concorso anche a fronte di una sola formazione espletata, in quanto ciò che rileva è il contenuto sostanziale ed effettivo della formazione espletata e la sua astratta idoneità ad essere riconosciuta sotto più titoli.
In tale ottica prospettica, non può paventarsi alcun pericolo di discriminazione alla rovescia rispetto ai cittadini italiani che, svolgendo in Italia una sola formazione, hanno diritto al riconoscimento di un solo percorso abilitante, essendo il parametro oggettivo unico per tutti gli aspiranti docenti, e cioè la qualità e quantità della formazione svolta.
Fondati, sono, inoltre, gli altri due motivi che censurano la legittimità dell’operato ministeriale sotto il profilo della completezza dell’istruttoria svolta e la esplicitazione delle motivazioni a supposto del diniego opposto.
In particolare, per quanto è dato leggere nell’atto impugnato, il Ministero ha rilevato “la mancata corrispondenza della suddetta attestazione a quanto previsto in materia ai sensi della suddetta Direttiva 2013/55/UE del 20 novembre 2013, art. 13”, e inoltre che “non viene menzionata alcuna abilitazione all’insegnamento delle discipline specifiche, né nell’attestazione del Ministero rumeno né nel percorso professionalizzante svolto dall’interessata”.
Sotto questo profilo, non può essere anzitutto sottaciuto che tali affermazioni sono state svolte dal Ministero senza alcuna distinzione tra le due classi di concorso A- 27 e A-28, eppure, nelle more del giudizio, il Ministero medesimo ha riconosciuto la validità della formazione per la classe A-27.
Rimane quantomeno il dubbio, quindi, che sia stata effettuata una completa istruttoria anche per la classe di concorso A-28. A prescindere da ciò, è comunque evidente come nell’atto impugnato non siano state esplicitate le ragioni sulla base delle quali ritenere che sia stata effettuata in concreto la comparazione tra il percorso professionale conseguito dall’appellante in Romania e il titolo di abilitazione nazionale conseguibile in Italia.
Ritiene il Collegio che tale valutazione sarebbe stata indispensabile, sia in ossequio al principio generale del buon andamento dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.), sia in relazione all’obbligo di rendere adeguata motivazione dei provvedimenti adottati ai sensi dell’art. 3 della L. 241/1990, sia sul piano del recepimento dei principi e delle norme contenute nella Direttiva 2005/36/CE, come attuata dal Decreto Legislativo n. 206/2007.
In particolare, in relazione a questo ultimo aspetto, è stato espressamente previsto che “il riconoscimento delle qualifiche professionali operato ai sensi del presente decreto legislativo permette di accedere, se in possesso dei requisiti specificamente previsti, alla professione corrispondente per la quale i soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, sono qualificati nello Stato membro d’origine e di esercitarla alle stesse condizioni previste dall’ordinamento italiano”.
Né può condividersi la motivazione su cui il primo giudice ha incentrato la reiezione del motivo, e cioè che la locuzione “l’Attestazione n. 73825 rilasciata in data 18/04/2019 dal Ministero dell’Educazione Nazionale della Romania, il quale dichiara che il titolo indicato nel dispositivo conferisce, in Romania, all’interessata “il diritto all’insegnamento nel campo Matematica” contenuta nell’atto impugnato sarebbe di per ciò solo adeguata e sufficiente.
Ad avviso del Collegio, al contrario, tale locuzione non è affatto sufficiente ed anzi si pone in conflitto con l’indirizzo esegetico seguito in materia dall’Adunanza Plenaria (sentenze n. 18/2022), secondo cui la comparazione tra la formazione compiuta all’estero (Stato di provenienza) e quella prevista dallo Stato di appartenenza va sempre effettuata in concreto.
Anche da ultimo, l’Adunanza Plenaria n. 20 del 29 dicembre 2023 ha ribadito il principio che “Il Ministero […] deve dunque esaminare le istanze di riconoscimento […] tenendo conto dell’intero compendio di competenze, conoscenze e capacità acquisite […]”. Merita quindi di essere riformata la conseguente motivazione del Tar in cui si afferma che “l’Amministrazione appare aver svolto un esame del percorso formativo dell’istante, concludendolo in senso tuttavia negativo, in considerazione di due differenti ragioni entrambe da ritenersi logiche e coerenti con la disciplina vigente e idonee singolarmente a giustificare il diniego, riguardando in sostanza il mancato rispetto dei suddetti principi della “professione corrispondente” e della “identità di condizioni previste dall’ordinamento italiano”.”.
Alla luce delle suesposte considerazioni, ed in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado e va annullato il diniego impugnato.
Dall’annullamento dell’atto impugnato non deriva però alcun automatico riconoscimento, dovendo l’Amministrazione competente ripronunciarsi sulla istanza del ricorrente (ex multis, sull’obbligo di riprovvedere, anche disponendo idonee misure compensative, v. Consiglio di Stato, Sezione VII, sentenza n. 4982/2023, a valere come precedente specifico e conforme ai sensi degli artt. 74, comma 1 e 88, comma 2, lett. d), c.p.a.).
Ferma la discrezionalità, la riedizione del potere sarà tuttavia astretta dai vincoli conformativi nascenti dall’odierno giudicato, che sono, in particolare: l’obbligo di comparare le formazioni in concreto e di espressamente motivare le ragioni della corrispondenza o, all’opposto, della non corrispondenza; e l’obbligo di valutare l’imposizione di misure compensative, ove necessario per evitare il rigetto integrale e automatico dell’istanza di riconoscimento.