SPECIALIZZAZIONE SOSTEGNO .IL TAR LAZIO CONFERMA LA PIENA VALIDITA’ DEL TITOLO CONSEGUITO PRESSO L’UNIVERSITA’ DIMITRIE CANTEMIR ED ANNULLA IL DECRETO DI DINIEGO DEL MINISTERO ISTRUZIONE. “ILLEGITTIMO IL DECRETO PER VIOLAZIONE DELL’ART 14 DELLA DIR. UE N°36/20025 CHE PREVEDE LE MISURE COMPENSATIVE ANCHE NEI CASI DI DIVERGENZE SOSTANZIALI TRA IL PERCORSO FORMATIVO ESTERO E ITALIANO

Di ieri la sentenza n°22488 del 12 dicembre 2024 del TAR LAZIO della sez. IV BIS Presieduta dalla Dott.ssa Biancofiore, relatore De Gennaro  con cui il Collegio della sezione IV Bis ha accolto il ricorso avverso il decreto di diniego espresso dal Ministero Istruzione dell’ istanza di riconoscimento del titolo di specializzazione sul sostegno, nel ricorso patrocinato dall’Avv. Maurizio Danza Prof. di Diritto del Lavoro Università Mercatorum, annullando il decreto per violazione delle norme della Direttiva Europea n°36/2005 con particolare riferimento all’obbligo delle misure compensative previste dall’art.14, e confermando la piena validità del titolo conseguito presso l’Università di Cantemir Turgu Mures, già riconosciuta dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n°22/2022.

Nello specifico, era stato adito il Tar Lazio per l’annullamento del decreto nella parte in cui recava il rigetto della istanza di riconoscimento del titolo di specializzazione sul sostegno conseguito presso l’Università di Cantermir sul presupposto di “carenze e lacune incolmabili” evincibili dalla struttura del percorso formativo conseguito all’estero.

Ad avviso dell’AVV. MAURIZIO DANZA ritiene la sentenza di notevole importanza nel panorama giurisprudenziale italiano, atteso che il Tar Lazio nel ribaltare il giudizio cautelare espresso dal Consiglio di Stato che aveva revocato la sospensiva disposta dal Collegio, nell’ accogliere il ricorso  non solo non ha tenuto in alcun conto del parere del MUR n°964/2024 secondo cui il titolo non è accademico ma un mero corso di formazione, ma ha riconosciuto la palese illegittimità dell’attività del Ministero Istruzione, per violazione palese del  diritto europeo che riconosce infatti la previsione  di misure compensative anche nei casi di divergenze sostanziali tra il percorso formativo estero e italiano.

Tali conclusioni risultano chiaramente dalla pronuncia del Collegio del Tar Lazio che nell’accogliere il ricorso ha espresso la seguente motivazione:  

“…La valutazione ministeriale inerente alle conoscenze complessivamente possedute dall’istante, (“che non soddisfano, nemmeno parzialmente, le condizioni per accedere all’insegnamento in Italia”), appare assunta sulla base di una argomentazione carente alla luce dei principi di diritto nazionale ed europeo che regolano la materia in esame; allo stato infatti non appare adeguatamente motivata la radicale diversità tra il percorso formativo italiano e rumeno, se non sulla base all’apparenza di preconcetti e di argomenti deboli, da cui si fa discendere l’impossibilità individuare misure ulteriori “tali da compensare le differenze tra le due formazioni (quella complessivamente conseguita dall’istante e quella prevista dall’ordinamento italiano)”.

Va infatti rammentato che l’insegnante di sostegno ex L. n. 517 del 1977, la cui attività è destinata a favorire forme di integrazione a favore degli alunni portatori di handicap e realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni, è un docente di classe in possesso di competenze e conoscenze didattiche e psico-pedagogiche richieste ai fini del conseguimento di quella professionalità ulteriore che deve caratterizzare la sua funzione, in Romania come in Italia.

In base alla documentazione disponibile e sulla base di un sintetico confronto appare con evidenza, già ad un esame proprio di un sindacato giurisdizionale cd. esterno e senza impingere nel cd. merito amministrativo, che le tematiche affrontate nel percorso di studi rumeno appaiono decisamente attinenti alla materia dei bisogni educativi speciali che interessano appunto l’insegnamento di sostegno (esemplificativamente si legge dal certificato degli esami: integrazione educativa; inclusione educativa; valutazione educativa e psicopedagogia; psicologia dell’adolescenza; psicologia dell’apprendimento e tecniche alternative di comunicazione; psicologia infantile); i laboratori nel sistema rumeno risultano poi aggregati all’insegnamento teorico di riferimento con svolgimento di ore di formazione pratico-laboratoriale; vengono poi riferite 200 ore di tirocinio curriculare e indiretto (in argomento cfr. sempre Ad. Plen n. 22/2022 “si tratta di percorsi che comprendono la preparazione nelle materie afferenti alla specializzazione (a mero titolo esemplificativo: psicologia dell’educazione, dello sviluppo, tecnologia dell’informazione e delle comunicazioni nell’educazione inclusiva, psicologia delle persone con bisogni speciali, ecc.), nonché un’attività di tirocinio, sia presso istituti rumeni che rientrano nell’ambito delle scuole cd. “speciali” previste in Romania, e sia in scuole che prevedono, come in Italia, la scolarizzazione degli alunni disabili con la loro integrazione nell’istruzione ordinaria”).

Il Ministero, argomentando in vario modo sulla genericità dell’insegnamento, che non sarebbe modulato per ordine e grado di scuola e che non sarebbe affiancato da attività di laboratorio o di tirocinio mirato deduce un’incolmabile differenza tra i programmi formativi.

Tale giudizio appare sostanzialmente apodittico e comunque scarsamente argomentato posto che gli uffici non chiariscono perché un’adeguata previsione di misure compensative – previste dall’art. 14 Direttiva 2005/36/Ce del Parlamento Europeo e del Consiglio e che in astratto potrebbero comprendere ore aggiuntive di didattica/tirocinio/laboratorio – non sia in grado di colmare le mancanze della formazione estera che comunque appare in ogni caso incentrata sulla figura dell’alunno con speciali bisogni educativi e che comunque contempla periodi di tirocinio e attività pratica.

Anche sul piano strettamente giuridico il rigetto netto di qualsiasi possibilità di riconoscimento appare in contrasto con la disciplina applicabile.

Il diritto europeo riconosce infatti l’imposizione di misure compensative – e dunque la loro imprescindibilità senza possibilità di rigetto puro e semplice – non solo nel caso di stretta attinenza dei programmi di formazione ma anche nel caso di divergenze sostanziali (art. 14 par. 1 Direttiva 2005/36/Ce: “se la formazione ricevuta riguarda materie sostanzialmente diverse da quelle coperte dal titolo di formazione richiesto nello Stato membro ospitante”); tenuto conto che, per espressa previsione normativa, per “materie sostanzialmente diverse” si intendono “materie la cui conoscenza è essenziale all’esercizio della professione regolamentata e che in termini di durata o contenuto sono molto diverse rispetto alla formazione ricevuta” (art. 14 cit. par. 4) resta priva di supporto motivazionale la netta presa di posizione sull’assoluta impossibilità di conciliare i due iter formativi.

L’incondizionata opposizione al titolo estero, in quanto poggiante su argomentazioni carenti, rischia peraltro di compromettere la ratio delle direttive europee le quali mirano espressamente al rafforzamento del mercato interno e alla promozione della libera circolazione dei professionisti; da tale prospettiva la prassi applicativa censurata rischia di costituire una violazione concreta da parte degli organi ministeriali della disciplina sovranazionale; difatti una motivazione meno che rigorosa sul preteso carattere inconciliabile del titolo estero rischia di annullare l’efficacia ultranazionale del titolo, ripristinando barriere tra paesi europei, in punto di qualifiche e formazione professionale, che il diritto unionale mira invece a superare.

Infine, anche l’imposizione di misure compensative non può poi prescindere dall’applicazione del principio di proporzionalità disponendo opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 sopra richiamato della Direttiva 2005/36/CE (cfr. in merito Ad. Plen n. 21/2022).

In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere accolto e per l’effetto annullato l’impugnato provvedimento di diniego, ai fini del riesame dell’istanza di parte ricorrente e della eventuale assegnazione di misure compensative.

Sussistono giuste ragioni, data la pluralità di orientamenti giurisprudenziali in materia e la complessità degli argomenti trattati, per compensare le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento di diniego, ai fini del riesame dell’istanza di parte ricorrente e della eventuale assegnazione di misure compensative.