SOSTEGNO ESTERO ROMANIA .IL TAR LAZIO ANCHE CON LA PRIMA SENTENZA DEL 2025 CONFERMA LA VALIDITA’ DEL TITOLO CONSEGUITO PRESSO L’UNIVERSITA’ DIMITRIE CANTEMIR ED ANNULLA IL DECRETO DI DINIEGO DEL MINISTERO ISTRUZIONE “ILLEGITTIMO PER OMESSO INVIO DEL PREAVVISO DI DINIEGO, GARANZIA DEL CONTRADDITTORIO PROCEDIMENTALE E PER VIOLAZIONE DELL’ART 14 DELLA DIR. UE N°36/20025 CHE PREVEDE LE MISURE COMPENSATIVE ANCHE NEI CASI DI DIVERGENZE SOSTANZIALI TRA IL PERCORSO FORMATIVO ESTERO E ITALIANO”
Di poco fa la sentenza n°162 del 7 gennaio 2025 del TAR LAZIO della sez. IV BIS Presieduta dalla Dott.ssa Biancofiore, Estensore De Gennaro con cui il Collegio della sezione IV Bis ha accolto il ricorso avverso il decreto di diniego espresso dal Ministero Istruzione dell’ istanza di riconoscimento del titolo di specializzazione sul sostegno, nel ricorso patrocinato dall’Avv. Maurizio Danza Prof. di Diritto del Lavoro Università Mercatorum, annullando il decreto per violazione delle norme della Direttiva Europea n°36/2005 in tema di valutazione delle misure compensative previste dall’art.14, e per violazione della partecipazione al procedimento, per omesso invio del preavviso di diniego di cui all’art.10 bis della L.n°241/1990
Nello specifico, era stato adito il Tar Lazio per l’annullamento del decreto nella parte in cui recava il rigetto della istanza di riconoscimento del titolo di specializzazione sul sostegno conseguito presso l’Università di Cantermir Turgu Mures sul presupposto di “carenze e lacune incolmabili” evincibili dalla struttura del percorso formativo conseguito all’estero.
Ad avviso dell’AVV. MAURIZIO DANZA ritiene la sentenza di notevole importanza nel panorama giurisprudenziale italiano, atteso che il Tar Lazio , nell’ accogliere il ricorso non solo non ha tenuto in alcun conto del parere del MUR n°5758/2022 secondo cui il titolo non è accademico ma un mero corso di formazione, ma ha riconosciuto la palese illegittimità dell’attività del Ministero Istruzione, per violazione palese del diritto europeo che riconosce la previsione di misure compensative “anche nei casi di divergenze sostanziali tra il percorso formativo estero e italiano”, e per omesso invio del preavviso di diniego al docente.
Tali conclusioni risultano chiaramente dalla pronuncia del Collegio del Tar Lazio che nell’accogliere il ricorso ha espresso la seguente motivazione:
“Il ricorso deve essere accolto. Il Ministero ha adottato il provvedimento di diniego ravvisando: la “non validità dell’attestato formativo presentato dall’istante” quale titolo di abilitazione per l’accesso alla professione regolamentata di insegnante di sostegno in Romania e, quindi, quale titolo di specializzazione per l’insegnamento di sostegno in Italia suscettibile di essere validamente riconosciuto in Italia; effettuata in ogni caso la comparazione tra i percorsi formativi previsti in Italia e all’estero, l’Amministrazione ha poi rilevato un differenza non colmabile tra la formazione
inerente alla specializzazione su sostegno conseguita in Italia e quella relativa al titolo formativo conseguito in Romania, di cui l’istante chiede il riconoscimento. Le obiezioni rivolte dall’Amministrazione al riconoscimento del titolo non resistono all’esame di legittimità proprio di questo giudizio per le seguenti assorbenti ragioni.
Non ha pregio in primo luogo l’assunto secondo cui quello sottoposto non sarebbe un titolo formativo di natura abilitante e comunque non sarebbe di per sé titolo idoneo al riconoscimento; come già chiarito dall’Adunanza Plenaria (n. 21-22/2022 a cui si rinvia) l’“Adeverinta” per la formazione di docenti di sostegno, titolo di cui si discute, consente il relativo insegnamento in Romania, posto che il titolo consente ai soggetti laureati lo svolgimento dell’insegnamento in parola e “dunque non vi è ragione per ritenerlo non riconoscibile in Italia ai sensi della Direttiva 2005/36/CE”; il Collegio sul punto aderisce all’orientamento stabilito dalla Plenaria (cfr. sent. A.P. n. 22/2022 cit. pronunciata sulla base di un titolo analogo a quello per cui si controverte; nella stessa sentenza si evidenzia anche che “non è necessaria l’identità tra i titoli confrontati, essendo sufficiente una mera equivalenza per far scaturire il dovere di riconoscere il titolo conseguito all’estero: il certificato va considerato non automaticamente, ma secondo il sistema generale di riconoscimento e confrontando le qualifiche professionali attestate da altri Stati membri con quelle richieste dalla normativa italiana e disponendo, se del caso, le misure compensative in applicazione dell’art. 14 della Direttiva 2005/36/CE”).
Superata dunque la questione sulla suscettibilità dell’attestato al riconoscimento, occorre passare al vaglio la correttezza della comparazione effettuata tra i percorsi specializzanti.
Il provvedimento oggetto del presente giudizio nel negare il riconoscimento opera un raffronto tra il percorso formativo dell’istante in Romania e quello che viene svolto in Italia per conseguire la specializzazione sul sostegno; al termine del raffronto il Ministero conclude che i programmi afferenti al corso denominato, in lingua italiana, “Formazione di insegnanti itineranti e di sostegno per l’inclusione sociale ed educativa di persone con bisogni educativi speciali”, tenuto dall’Università “Dimitrie Cantemir”, siano inconciliabilmente diversi da quelli tenuti nelle università italiane. Di conseguenza non vi sarebbe la possibilità di disporre le misure compensative in quanto la distanza tra i due percorsi, quello italiano e quello romeno sarebbe tale da non poter essere colmata in alcun modo, anche e soprattutto in ragione del fatto che le misure compensative, sarebbero individuate – in contrasto con la direttiva europea – rispetto ad una formazione non abilitante.
A fronte di tali conclusioni va in primo luogo rilevato che la conclusione raggiunta dal Ministero si è sviluppata in assenza di un corretto contraddittorio procedimentale atteso che il provvedimento sfavorevole non è stato preceduto da una comunicazione di preavviso ex art. 10-bis L. 241/1990, comunicazione che avrebbe permesso all’istante di integrare la documentazione e rassegnare informazioni ulteriori inerenti la qualità e la natura della formazione svolta.””
La valutazione ministeriale inerente alle conoscenze complessivamente possedute dall’istante, (“che non soddisfano, nemmeno parzialmente, le condizioni per accedere all’insegnamento in Italia”), appare assunta sulla base di una argomentazione carente alla luce dei principi di diritto nazionale ed europeo che regolano la materia in esame; allo stato infatti non appare adeguatamente motivata la radicale diversità tra il percorso formativo italiano e rumeno, se non sulla base all’apparenza di preconcetti e di argomenti deboli, da cui si fa discendere l’impossibilità individuare misure ulteriori “tali da compensare le differenze tra le due formazioni (quella complessivamente conseguita dall’istante e quella prevista dall’ordinamento italiano)”.
Va infatti rammentato che l’insegnante di sostegno ex L. n. 517 del 1977, la cui attività è destinata a favorire forme di integrazione a favore degli alunni portatori di handicap e realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni, è un docente di classe in possesso di competenze e conoscenze didattiche e psico-pedagogiche richieste ai fini del conseguimento di quella professionalità ulteriore che deve caratterizzare la sua funzione, in Romania come in Italia.
In base alla documentazione disponibile e sulla base di un sintetico confronto appare con evidenza, già ad un esame proprio di un sindacato giurisdizionale cd. esterno e senza impingere nel cd. merito amministrativo, che le tematiche affrontate nel percorso di studi rumeno appaiono decisamente attinenti alla materia dei bisogni educativi speciali che interessano appunto l’insegnamento di sostegno (esemplificativamente si legge dal certificato degli esami: integrazione educativa; inclusione educativa; valutazione educativa e psicopedagogia; psicologia dell’adolescenza; psicologia dell’apprendimento e tecniche alternative di comunicazione; psicologia infantile); i laboratori nel sistema rumeno risultano poi aggregati all’insegnamento teorico di riferimento con svolgimento di ore di formazione pratico-laboratoriale; vengono poi riferite 200 ore di tirocinio curriculare e indiretto (in argomento cfr. sempre Ad. Plen n. 22/2022 “si tratta di percorsi che comprendono la preparazione nelle materie afferenti alla specializzazione (a mero titolo esemplificativo: psicologia dell’educazione, dello sviluppo, tecnologia dell’informazione e delle comunicazioni nell’educazione inclusiva, psicologia delle persone con bisogni speciali, ecc.), nonché un’attività di tirocinio, sia presso istituti rumeni che rientrano nell’ambito delle scuole cd. “speciali” previste in Romania, e sia in scuole che prevedono, come in Italia, la scolarizzazione degli alunni disabili con la loro integrazione nell’istruzione ordinaria”).
Il Ministero, argomentando in vario modo sulla genericità dell’insegnamento, che non sarebbe modulato per ordine e grado di scuola e che non sarebbe affiancato da attività di laboratorio o di tirocinio mirato deduce un’incolmabile differenza tra i programmi formativi.
Tale giudizio appare sostanzialmente apodittico e comunque scarsamente argomentato posto che gli uffici non chiariscono perché un’adeguata previsione di misure compensative – previste dall’art. 14 Direttiva 2005/36/Ce del Parlamento Europeo e del Consiglio e che in astratto potrebbero comprendere ore aggiuntive di didattica/tirocinio/laboratorio – non sia in grado di colmare le mancanze della formazione estera che comunque appare in ogni caso incentrata sulla figura dell’alunno con speciali bisogni educativi e che comunque contempla periodi di tirocinio e attività pratica.
Anche sul piano strettamente giuridico il rigetto netto di qualsiasi possibilità di riconoscimento appare in contrasto con la disciplina applicabile.
Il diritto europeo riconosce infatti l’imposizione di misure compensative – e dunque la loro imprescindibilità senza possibilità di rigetto puro e semplice – non solo nel caso di stretta attinenza dei programmi di formazione ma anche nel caso di divergenze sostanziali (art. 14 par. 1 Direttiva 2005/36/Ce: “se la formazione ricevuta riguarda materie sostanzialmente diverse da quelle coperte dal titolo di formazione richiesto nello Stato membro ospitante”); tenuto conto che, per espressa previsione normativa, per “materie sostanzialmente diverse” si intendono “materie la cui conoscenza è essenziale all’esercizio della professione regolamentata e che in termini di durata o contenuto sono molto diverse rispetto alla formazione ricevuta” (art. 14 cit. par. 4) resta priva di supporto motivazionale la netta presa di posizione sull’assoluta impossibilità di conciliare i due iter formativi.
L’incondizionata opposizione al titolo estero, in quanto poggiante su argomentazioni carenti, rischia peraltro di compromettere la ratio delle direttive europee le quali mirano espressamente al rafforzamento del mercato interno e alla promozione della libera circolazione dei professionisti; da tale prospettiva la prassi applicativa censurata rischia di costituire una violazione concreta da parte degli organi ministeriali della disciplina sovranazionale; difatti una motivazione meno che rigorosa sul preteso carattere inconciliabile del titolo estero rischia di annullare l’efficacia ultranazionale del titolo, ripristinando barriere tra paesi europei, in punto di qualifiche e formazione professionale, che il diritto unionale mira invece a superare.
Infine, anche l’imposizione di misure compensative non può poi prescindere dall’applicazione del principio di proporzionalità disponendo opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 sopra richiamato della Direttiva 2005/36/CE (cfr. in merito Ad. Plen n. 21/2022).
In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere accolto e per l’effetto annullato l’impugnato provvedimento di diniego, ai fini del riesame dell’istanza di parte ricorrente e della eventuale assegnazione di misure compensative.
Sussistono giuste ragioni, data la pluralità di orientamenti giurisprudenziali in materia e la complessità degli argomenti trattati, per compensare le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento di diniego, ai fini del riesame dell’istanza di parte ricorrente e della eventuale assegnazione di misure compensative.