IL TAR LAZIO SEZ.III BIS ACCOGLIE UN ALTRO RICORSO SULLA SPECIALIZZAZIONE SOSTEGNO DELLO STUDIO LEGALE DANZA ED ANNULLA I DECRETI DI RIGETTO RITENUTI ILLEGITTIMI
Di poco fa l’accoglimento del TAR Lazio sezione III° Bis di altra sentenza n.1176 del 28 gennaio 2021 ( dopo la n°1178/2021), emessa a favore degli specializzati sul sostegno in Romania che condanna il MIUR, nel ricorso patrocinato dall’Avv. Maurizio Danza del Foro di Roma. i ricorrenti avevano impugnato gli atti con cui il Ministero dell’Istruzione si è espresso negativamente sul riconoscimento della specializzazione all’insegnamento sul sostegno conseguita in Romania chiedendone l’annullamento.
Il ricorso è fondato nei termini di cui in motivazione. Il Collegio ritiene di dover aderire, ai sensi dell’art. 74 c.p.a., ai contenuti delle sentenze nn. 1198/2020 e 2495/2020 del Consiglio di Stato, come peraltro già effettuato recentemente con altre pronunce rese in tal senso (cfr. Tar Lazio, Sez. Terza Bis, ex multis, nn. 4709/2020 e 4772/2020).
Dalle motivazioni dei provvedimenti in parola, in particolare, si evince come una volta che sia incontestato il possesso della laurea conseguita in Italia e dell’abilitazione all’insegnamento conseguita in Romania il diniego al richiesto riconoscimento non pare potersi appuntare “sulla scorta della valutazione delle autorità rumene, le quali escludono il riconoscimento delle qualifiche professionali per coloro che non hanno conseguito il titolo di studio in Romania”, posto che si porrebbe “in contrasto con i principi e le norme di origine sovranazionale, i quali impongono di riconoscere in modo automatico i titoli di formazione rilasciati in un altro Stato membro al termine di formazioni in parte concomitanti”, a condizione che “la durata complessiva, il livello e la qualità delle formazioni a tempo parziale non siano inferiori a quelli delle formazioni continue a tempo pieno” (cfr. ex multis, C.G.U.E. n. 675 del 2018).
In altri termini, una volta prodotta la documentazione che attesta il conseguito diritto all’insegnamento nel sistema scolastico preuniversitario romeno, c.d. “Adeverintia”, non può negarsene il riconoscimento nell’ordinamento nazionale, in qualità di Paese membro dell’Unione Europea, per il mancato riconoscimento della laurea conseguita in Italia. Ciò in quanto “l’eventuale errore delle autorità rumene sul punto non può costituire ragione e vincolo per la decisione amministrativa italiana; ciò, in particolare, nel caso di specie, laddove il titolo di studio reputato insufficiente dalle Autorità di altro Stato membro è la laurea conseguita presso una università italiana” (Cons. Stato, sentenza n. 1198/2020)”.
A venire in rilievo, nel caso di specie, come anche precisato dal giudice di appello amministrativo, è l’art. 13 della Direttiva 2013/55/UE, che ha modificato la precedente del 2005, dove al comma 1 statuisce: “Se, in uno Stato membro ospitante, l’accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio sono subordinati al possesso di determinate qualifiche professionali, l’autorità competente di tale Stato membro permette l’accesso alla professione e ne consente l’esercizio, alle stesse condizioni previste per i suoi cittadini, ai richiedenti in possesso dell’attestato di competenza o del titolo di formazione di cui all’articolo 11, prescritto da un altro Stato membro per accedere alla stessa professione ed esercitarla sul suo territorio. Gli attestati di competenza o i titoli di formazione sono rilasciati da un’autorità competente di uno Stato membro, designata nel rispetto delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di detto Stato membro”. Ulteriormente, il terzo comma precisa come: “Lo Stato membro ospitante accetta il livello attestato ai sensi dell’articolo 11 dallo Stato membro di origine nonché il certificato mediante il quale lo Stato membro di origine attesta che la formazione e l’istruzione regolamentata o la formazione professionale con una struttura particolare di cui all’articolo 11, lettera c), punto ii), è di livello equivalente a quello previsto all’articolo 11, lettera c), punto i)”.
Diversamente opinando, peraltro, come già evidenziato con la sentenza n. 1593/2020 di questa Sezione, si assisterebbe ad un’insanabile disparità di trattamento, resa manifesta nel momento in cui mentre ai cittadini romeni che abbiano completato la loro formazione nel Paese di origine verrebbe riconosciuto il diritto ad insegnare in Italia, ai connazionali con laurea conseguita in Italia e successivo percorso abilitante conseguito in Romania tale possibilità sarebbe invece preclusa.
Per quanto riguarda il sostegno il Collegio intende richiamare, quale precedente conforme ai sensi dell’art. 74 c.p.a., la sentenza n. 2828/2020 di questa Sezione.
Occorre in primo luogo prendere a riferimento la motivazione dell’impugnata Nota n. 5636 del 2 aprile 2020 del M.I.U.R, secondo la quale la mancata possibilità in via generale del riconoscimento della formazione sul sostegno acquisita in Romania deriverebbe dalle differenze esistenti tra questo Stato e l’Italia nel quomodo dell’erogazione di tale forma di insegnamento, atteso che mentre nel primo Paese quest’ultimo trova spazio, in via esclusiva, all’interno di istituti speciali, nel nostro ordinamento, invece, gli alunni con bisogni educativi speciali sono inseriti in scuole comuni ed ivi supportati dagli insegnanti di sostegno. Orbene, con la sentenza in argomento questa Sezione ha avuto modo di precisare come “il tema non è la perfetta coincidenza, o meno, tra l’ordinamento scolastico nazionale con quello rumeno, ma la possibilità che tale circostanza possa ergersi a nucleo centrale di un apparato motivazionale ex se idoneo a giustificare il rigetto, generalizzato e de plano, delle istanze di riconoscimento dei titoli di abilitazione al sostegno conseguiti in Romania dai cittadini italiani, senza che, come nel caso di specie, da tali provvedimenti traspaia il compimento di alcuna attività istruttoria protesa all’effettuazione di una verifica, effettuata in concreto, del livello professionale conseguito ai sensi della direttiva comunitaria 2005/36/CE, ovvero di una effettiva valutazione delle competenze individualmente acquisite, come ritenuto necessario dalla stessa CGUE già a partire dalla sentenza 13 novembre 2003 sul procedimento C-313/01”.
In altri termini, il focus del procedimento proteso a verificare la sussistenza dei requisiti per il riconoscimento dell’abilitazione all’insegnamento di sostegno conseguita in Romania non è rappresentato dall’analisi sul livello di integrazione tra i due Paesi nell’erogazione del servizio pubblico in argomento, bensì dalla valutazione delle competenze complessivamente conseguite, in ossequio al d.lgs. n. 206/2007, agli artt. 11 e 13 della direttiva 2005/36/CE, così come modificata dalla direttiva 2013/55/CE ed ai richiamati precedenti della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Da ultimo, il Collegio deve dichiarare l’inammissibilità dell’ulteriore domanda con cui è stato chiesto l’accertamento del diritto al riconoscimento dei titoli conseguiti all’estero, atteso che la situazione giuridica sottostante a tale riconoscimento è di interesse legittimo e, in quanto tale, non tutelabile mediante un’autonoma azione di accertamento, la quale comporterebbe che l’adito Tribunale venga a sostituirsi all’Amministrazione nell’esercizio di un’attività riservata dalle legge alla sfera discrezionale della stessa.
Per le ragioni suesposte il ricorso deve trovare accoglimento nei limiti di cui in motivazione, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.